Le Monde pubblica oggi un reportage dell'inviato Christophe Ayad sulla Bagdad a dieci anni di distanza dall'intervento militare voluto da Bush e Blair. Ayad si trovava nella capitale irachena prima e durante le fasi iniziali dell'attacco del 20 marzo 2003. In occasione del decimo anniversario della caduta di Saddam, il 9 aprile 2003 (Bagdad non ha celebrato questa ricorrenza), ha raccolto testimonianze di diversi abitanti assortiti per confessione, etnia ed età. I pareri sono tutti assai critici della situazione attuale e di come sia stato trascurato irresponsabilmente il post-guerra. E' soprattutto per questa ragione che la rinascita di Bagdad e dell'Iraq sarà un processo molto molto lungo e insidioso. Riportiamo due testimonianze proposte da Ayad.
La prima è dello sceicco sciita Al-Jabri: "Non è cambiato nulla dal 2003, tranne la libertà di praticare la nostra religione e di predicarla. Per il resto, siamo in mano ad un regime sottomesso agli Stati Uniti, i giovani non trovano lavoro e i politici pensano solo ad arricchirsi".
La seconda è di Thaer, tassista: "La vita è molto più dura di prima. Certo, non avevamo la libertà ma almeno facevamo una vita decente. C'era lavoro, si mangiava quando avevamo fame, potevamo uscire senza dover chiudere casa e senza timore di esser aggrediti [...] A cosa mi serve la libertà se non posso cambiare niente nella mia vita? La libertà è un mezzo, non un fine. Abbiamo la libertà, ma non una vera democrazia."